26 agosto 2021

Neon Genesis Evangelion: un fallimento problematico?

Alla fine sono finalmente riuscito a recuperare la mitica serie televesiva "Neon Genesis Evangelion" del 1995 di Hideaki Anno con annessi i due film successivi e ho deciso di scrivere la mia senza alcuno scopo se non quello di comunicare quanto mi ha dato quest'opera.  

Non voglio ammorbarvi con le solite frasi fatte che si usano in queste situazioni per apparire acculturati perché lo farei solo a 'mo di pappagallo e senza una seria consapevolezza personale, quindi lascio ai reali esperti tutto il discorso sull'importanza di questa serie e il suo impatto sul mondo dell'animazione giapponese mentre io preferisco buttarmi su un commento o un'analisi se volete dalla forma un po' strana, strana come Evangelion.

Buona lettura (si spera)! 

- IO ed EVA

Prima una piccola degressione "biografica". 

Il mio primo contatto con Evangelion risale circa al 2005 per mezzo di un amico (si chiama Davide proprio come me) e totalmente per caso. A quel tempo esistevano ancora le videoteche e questo mio amico affittò in una di queste i due film di Evangelion ("Death & Rebirth" e "The End of Evangelion") per vederli assieme a casa mia sfruttando la Playstation 2 come lettore DVD. Li vidi e non ci capii molto anzi, a dirla tutta mi fecero una strana impressione (mai vidi un cartone animato giapponese di quel tipo e con una simile estetica fino a quel momento), ma il finale del film mi sconvolse rimanendo impresso nella mia memoria portandomi perfino a temerlo nel caso di una possibile nuova visione mai avvenuta prima di adesso. 

Successivamente, soprattutto grazie a internet, ho iniziato a rimuginare sulle possibilità di recuperare la serie televisiva da cui tutto ebbe avuto inizio e che non avevo mai visto, ma dovevo recuperarla per forza perché, cavolo!, non puoi non vedere Evangelion se ti ritieni un fan del mondo animato nipponico, non ti puoi permettere di avere una simile lacuna! Ma vuoi l'assenza in quel momendo di edizioni home video disponibili sul nostro mercato (tutte esaurite!) e la mia volontà di non recuperare la serie per vie diciamo "secondarie", ho rimandato e sono cosi giunto al presente quando grazie al mio abbonamento Netflix ho deciso di spararmi la serie in quest'ultimo mese assieme ai due film. Ed è cosi che siamo arrivati a questo momento...

Ma ora bando alle ciance! Passiamo alla roba seria...

- L'ESSENZA DI EVANGELION

Che cos'è "Neon Genesis Evangelion"? 

Ognuno sembra avere una propria rispettabile visione di quest'opera. Chiaramente molto dipende dalla personale percezione e interpretazione che gli si vuol dare a quest'ultima. Ciononostante, ritengo che tre siano le basi portanti che secondo me vanno oltre a tutte le altre faccende che possono essere molto soggettive, ovvero le seguenti:

- Opera d'autore con un messaggio ben preciso da esprimere con funzione teraupetica per lo stesso;

- Gli otaku (quindi una fetta forse consistente degli spettatori nipponici) come destinatari principali della stessa, almeno nelle ideali intenzioni dell'autore;

- Focus sul mondo interiore e psicologico dei personaggi, soprattutto del protagonista, volto a costruire quel messaggio sopra-citato.

Questa striminzita e asettica scaletta non renderà giustizia alla serie, ma delinea con immediatezza quello che per me è Evangelion basandomi su alcune dichiarazioni del regista (ne ho lette poche a dire il vero) e su quanto ho percepito a livello personale nel corso della visione. Ricapitolando ed estendendo la breve lista di cui sopra, Evangelion per me è una serie autoriale nata da una necessità personale dell'autore il quale aveva come scopo quello di scandagliare l'animo dei personaggi (in questo caso forse delle emanazioni di Anno e con i quali voleva scandagliare se stesso o scandagliare i personaggi per analizzare se stesso o rimettere a posto parti del suo essere, compiendo una sorta di creazione artistica teraupetica) e le problematiche insite nei rapporti interpersonali e nella comunicazione umana rivolgendosi principalmente agli otaku costruendo un messaggio che potesse idealmente provocarli a una reazione o a un cambiamento. Tutto il resto (come i famosi simboli ebraici-cristiani) a mio parere è soltanto un'affascinante e appassionata suggestione mentale. Ovvio, senza dubbio legittimi "virtuosismi mentali" in ogni caso solleticati non senza responsabilità dallo stesso Hideaki Anno (possibilmente ben conscio di questo), ma rimangono pur sempre delle elucubrazioni che a mio modo di vedere rischiano di annichilire e fagocitare il potente messaggio finale dell'opera: ed è un peccato. 

Avete presente quando si suol dire guardare il dito anziché la Luna? Ecco, secondo me è proprio quello che in parte è accaduto con Evangelion. Molti si sono concentrati sul proverbiale dito e ben pochi hanno deciso di vedere cosa quel dito stesse indicando, ossia un serio problema e una possibile soluzione.

- ANNO TROLLONE?

Dopo le belle o brutte parole di poco fa (dipende da persona a persona) devo buttarmi anch'io su un'ipotesi, ma ben legata all'autore. Questo mi serve per cercare di fare comprendere un po' meglio sia perché sono giunto alla conclusione di cui sopra e sia per provare a spiegarvi l'approccio personale che ho avuto nel guardare questa serie per riuscire ad apprezzarla.

La mia idea è la seguente: Anno ha voluto in parte trollare i suoi spettatori. Conoscendo gli otaku sapeva bene quali fossero i loro "punti deboli", come funzionassero le loro menti e al contempo il loro modo viscerale di approcciarsi a una serie. Da qui potrebbe aver pensato di impressionarli con simboli esoterici, con misteri, robottoni e del sano fan-service (alcune inquadrature mi sono parse ammiccanti e furbette, fatte di proposito) per garantirsi la loro attenzione e il loro interesse. Una volta avuti in pugno ed essendosi garantito la loro totale attenzione, ha sfoderato l'asso nella manica e li ha imboccati con il gran messaggio che aveva in serbo per loro. Dopotutto gli Eva non sembrano essi stessi una sorta di trollata? Inizialmente presentati come dei classici robottoni, si rivelano poi essere ben lontani dalla classica immagine di robot meccanico fatto di cavi, ingranaggi, olio e viti - immagino il possibile sbigottimento davanti al cambio di paradigma portato avanti da Anno con un beffardo sorriso sotto ai baffi o con velata provocazione nei confronti del genere mecha tutto.

La mia è chiaramente un'ipotesi non confermata, seppure continuo a essere assolutamente convinto di un fatto: tutto quello che si vede nella serie è in funzione al messaggio finale e non il contrario; è tutto subordinato a quest'ultimo. E se anche le simbologie varie fossero state ricercate ed edificate per motivi artistici e non solo per acchiapparsi l'attenzione di un target ben preciso di spettatori, queste sono comunque servite sempre per fortificare quel messaggio e dar forma al mondo e all'immaginario narrativo dove ignettare quest'ultimo e far muovere i suoi particolari e disturbati personaggi. Insomma, mi è parso tutto un pretesto, uno specchietto per le allodole, non il fine ultimo come alcuni sembrano aver confuso nel tempo.

Sia come sia, il pensare (anche sbagliando) che molte cose fossero delle mere "trollate" (non lo intendo in senso spregiativo) mi ha evitato di farmi prendere dal vortice dei simbolismi e delle (non)rivelazioni continuando a dare importanza al messaggio dell'opera e al percorso interiore dei personaggi, concentrandomi solo su questo e le intenzioni di Anno evitando di perdermi e farmi distrarre dal "rumore di fondo" che ho interpretato come coscientemente confusionario e inconcludente, impacchettato volutamente in tal modo. 

Forse il vantaggio di aver atteso cosi tanto tempo prima di approcciare a questa iconica serie mi ha permesso di leggere alcune cose che mi hanno fatto capire (forse capire, magari non ho capito proprio niente) quello che ho scritto nella scaletta più sopra. Grazie a tutto ciò ero pronto al famigerato finale, ero conscio dei motivi della sua esistenza e del perché fosse raccontanto proprio in quel modo li, non subendo alcuno shock nell'inevitabile momento della visione. Certo, non nego che la cosa mi abbia comunque lasciato in parte disorientato (credo sia questo "l'effetto Evangelion"), ma la consapevolezza della sua esistenza e dei relativi motivi per i quali fosse confezionato proprio in quel modo mi ha evitato, alla comparsa dei famigerati titoli di coda, di prendere e fiondare di sotto il televisore e di darmi fuoco tra isteriche risate facendo impallidire il Joker in persona.

Tale approccio, giusto o sbagliato che sia stato, mi ha in un certo verso immunizzato contro determinate cose che, secondo me e come ho ripetuto più volte, restano secondarie rispetto a quello che Anno voleva realmente comunicare e raccontare con Evangelion. Questo mi ha aiutato ad apprezzare la serie che altrimenti avrei rischiato di vedere come una roba informe priva di senso da rigettare al mittente. 

Naturalmente ben diverso è il discorso sulla trama e su chi con impegno e passione ha cercato e cerca tuttora di fare ordine nell'apparente confuso groviglio di informazioni date tra le righe da Anno (ringrazio queste persone per avermi chiarito passaggi e aspetti che avevo non proprio compreso da me). Questa è l'ossatura su cui si poggia un po' tutto e dove appunto si muovono i nostri disturbati personaggi quindi non voglio dare l'impressione di liquidarla del tutto e di far passare per "segaiolo" anche chi ha voluto approfondire e vederci chiaro partendo da quanto la serie mostra e rivela senza ricorrere a voli pindarici. Il problema si presenta quando si finisce per concentrarsi solo su quest'ultima, dimenticandosi di quello che ho provato a spiegare a mio modo sopra, finendo per vivere un'esperienza castrata con quest'opera perdendo di vista quello che Anno voleva comunicare e che per me rimane il cuore essenziale di Evangelion.

- EVANGELION: UN DUPLICE PROBLEMA?

A scanso di equivoci, a mio parere Evangelion è una serie riuscita. Nonostante i limiti produttivi che hanno, per necessità virtù, dato al finale televisivo la forma che ben conosciamo (per me funzionale, unica nel suo genere, visionaria e persino geniale) e a parte i vari riciclaggi nelle animazioni dovuti dal medesimo motivo, la serie  raggiunge il suo obiettivo se si riesce a comprendere che il suo cuore sono i suoi personaggi e il loro mondo interiore da cui si sprigiona e dipana il messaggio ultimo e non tanto il mistero relativo agli Angeli, i robottoni e l'azione. 

La serie porta a compimento l'evoluzione, il percorso psicologico e il cambiamento del protagonista (su questo, a mio modesto parere, lo spettatore dovrebbe focalizzarsi e consumare le proprie energie), riesce a comunicare il messaggio che doveva comunicare e lo fa in una forma secondo me ispirata e originale pur se costretta (o alimentata) dalle circostanze produttive. Tutto il resto è uno specchietto per le allodole come detto, la scorza del frutto e non il frutto stesso, una bella facciata colorata, ma pur sempre una facciata appunto. Ciò nonostante è pur vero che, secondo la mia opinione, c'è un problema di fondo: si è infatti portato a compimento la trama relativa ai personaggi raggiungendo lo scopo prefissato, ma lasciando (per motivi tecnici) in sospeso la trama "fisica", la trama del mondo esterno dai personaggi che ha comunque un suo peso (ripresa poi, in un secondo momento, in "The End of Evangelion"). 

In questo senso effettivamente Evangelion, come serie televisiva, ha un problema ovvero quello di aver concluso solo una delle due trame proposte seppure, per me, ha comunque chiuso quella più rilevante ai fini delle possibili intenzioni di Anno e questo mi evita di definire Evangelion come un fallimento. Però, non posso nemmeno negare che la serie da sola risulti monca di una conclusione universale: di fatto gli manca un pezzo. Se invece andiamo oltre e consideriamo il mondo Evangelion in senso ampio e "transmediale" allora il problema non si pone poiché "The End of Evangelion" ha chiuso anche la trama principale proseguendo con la poetica della serie madre.

Dall'altra parte abbiamo invece un problema legato agli spettatori, a una parte di essi. Il "loro" problema, sempre secondo me, è legato a una percezione "distorta" e alle aspettative mal riposte. Alcuni non hanno capito che Evangelion mirava principalmente al mondo interiore dei personaggi e che, attraverso di essi e al loro malessere, voleva comunicare qualcosa d'importante che andasse oltre all'estetica del "mondo fisico", alle suggestioni simboliche di natura religiosa ficcate dentro da un lato per fini estetici e dall'altro per fornire dei micro-dettagli sulla trama generale, la quale rimane comunque secondaria e tra le righe rispetto al percorso intimo dei personaggi. Insomma, alcuni hanno preferito perdersi e farsi trascinare da quello che, secondo me, era e resta un gustoso contorno ma non la portata principale o il reale obiettivo dell'opera finendo per rimanere delusi dal trattamento riservato a essa.

- HIDEAKI ANNO HA FALLITO? 

Dicevamo che per me Evangelion non è un fallimento, ma Anno potrebbe invero aver fallito da un certo punto di vista.

Infatti, se davvero per Anno l'importante era il messaggio derivante dal percorso interiore dei personaggi e non il resto purtroppo, a parer mio, ha fatto un buco nell'acqua poiché molte persone sembrano essere rimaste maggiormente rapite e stregate dall'estetica più che dal messaggio profondo della sua creatura, tanto da forzarlo a portare una "nuova" conclusione nel 1997 con il noto e sopracitato "The End of Evangelion" (e tuttavia, tornando al discorso fatto molto più sopra e se fosse valida la mia ipotesi trollante, il nostro sembra essere di nuovo riuscito a trollare tutti quanti con questo "secondo" finale e a farsi beffa dei fan). 

Evidentemente la serie tv non è bastata proprio perché, sfortunatamente, il messaggio non sembra essere stato recepito dai più e ancor meno dal suo pubblico destinatario di riferimento, gli otaku. In questo senso per me Anno ha potenzialmente fallito perché alla fine molti appassionati della sua creatura (tra cui proprio gli otaku, i suoi destinatari ultimi) sembrano essere caduti vittima di tutto quello che possibilmente doveva solo fare da sfondo e non divenire come in effetti è diventato il catalizzatore centralizzante e totalizzante di Evangelion. Nondimeno, questo ha permesso a questa serie di avere il successo planetario che ha avuto. In pratica, la cura sembra essere diventata il male che Anno voleva combattere o almeno cosi la percepisco io.

- CONSIDERAZIONI FINALI 

Non è facile chiudere questa sorta di personale analisi scritta un po' di getto su questo anime oramai leggendario. La serie, come accennato, l'ho apprezzata seppure per un po' di episodi sembra essere un continuo nuovo mostro della settimana da sconfiggere tendente alla noia (non nego che per vari episodi Evangelion non sia stato nulla di eccezionale, almeno per i miei gusti). Eppure pian piano i personaggi e i loro flussi di coscienza molto evocativi e intimi mi hanno donato un tipo di intrattenimento diverso rispetto ad altre serie animate e ho iniziato ad apprezzare Evangelion per motivi molto diversi dal consueto. 

Per quanto poi la narrazione risulti quasi sconnessa attraverso i suoi vari avanti e indietro e le risposte non giungono mai per davvero (per me volutamente), riesce comunque a generare un particolare fascino e ad appassionare, anche se ho deciso di non prendere mai troppo sul serio la trama generale finendo per vederla come un elemento al servizio dei movimenti interiori dei personaggi e del messaggio che si voleva trasmettere, secondaria - per questo risulta secondo me tanto sconclusionata e inconcludente a livello pratico. E il suddetto messaggio l'ho trovato vibrante e potente grazie anche al suo emergere in maniera prepotente e trionfa nel discusso finale della serie. Un messaggio che trovo positivo e di speranza volto a far comprendere quanto siano importanti i legami con il prossimo e di quanto possiamo sentirci vivi e completi con gli altri, svelando anche un problema di incomunicabilità insito nell'essere umano come hanno saggiamente notato Gualtiero Cannarsi (si, quel Cannarsi) e Domenico Guastafierro (in arte Cavernadiplatone).  

Non chiudiamoci nella nostra cameretta a fantasticare e a temere il contatto umano solo per paura di esserne feriti, usciamo fuori e viviamo il mondo e la vita: questo è quello che ho percepito a livello personale e intimo nei due episodi conclusivi.  

Poi l'ultima scena prima dei "titoli di coda" mi ha davvero fatto sussultare per l'emozione provata nel vedere la svolta interiore del protagonista, quasi comosso. Personalmente il finale televisivo lo preferisco a quello di "The end of Evangelion" anche per la nota di colore finale, ma secondo me i due finali sono in realtà complementari: nessuno dei due annulla l'altro. Tanto è vero che uno si concentra sul mondo interiore dei personaggi (serie tv) mentre l'altro ci mostra il mondo esterno dai personaggi e cosa accade fattualmente al di fuori di essi nel medesimo momento narrativo (film) completandosi e non escludendosi a vicenda.

Stilisticamente la serie ha un suo pregio e ci sono alcune scene e momenti visivamente riusciti (una delle mie scene preferite per come concepita e messa in scena è il mockumentary che viene mostrato verso gli ultimi 6 episodi circa, fantastico tocco registico!), ma per me viene dato il meglio nei vari momenti dei flussi di coscenza dei personaggi che sono visivamente accattivanti e davvero azzeccati (qui si avverte il frutto delle tante letture di Anno sui libri di psicologia). Nulla da ridire nemmeno sulla colonna sonora con alcuni pezzi presi direttamente dal mondo della musica "occidentale".

Insomma, credo Evangelion sia più che una visione un'esperienza persino teraupetica per alcuni. Sa entrarti in testa, sa lasciare un segno e lo dimostra il fatto che io stia qui a scriverne pur avendolo visto una sola volta. Eppure va sicuramente visto più volte ed è quello che nel tempo farò per riuscire a interiorizzarlo appieno

E' di certo un'opera particolare e non di immediata lettura, nata anche e soprattutto da esigenze personali e anche per questo motivo non è possibile ridurla a quello che ho scritto fin qui. Essendo consapevole di questo e dei miei immensi limiti, non ho la presunzione di sentenziare che Evangelion sia solo quello che qui ho cercato di esprimere (a me stesso più che ai lettori), senza contare che potrei tranquillamente aver frainteso tutto. D'altra parte escludere l'autore dall'equazione interpretativa credo sia un errore da evitare ed è importante considerare la sua opinione e le sue intime motivazioni. A questo proposito, ricercare e leggere tutte le sue interviste e dichiariazioni rilasciate nel tempo credo sia un passo molto importante per ampliare la nostra conoscenza sulla sua creatura cosi tanto intima e viscerale e cercherò di farlo pian piano (ho letto davvero poco finora, ma quel poco che ho letto mi ha comunque aiutato a capire quanto espresso nella mia scaletta scritta un bel po' di paragrafi sopra e a darmi un'utile bussola per orientarmi senza rischiare di perdermi tra i simboli).  

Qui, sia ben chiaro ai possibili lettori, ho voluto solo donare una personale visione imperfetta sulla serie tv (possibile che io cambi idea in futuro e troverò questo post antiquato e ingenuo) tenendo fuori i due film successivi e il progetto Rebuild. Ho voluto condividere la mia esperienza e il mio approccio alla serie non per comunicare che la mia esperienza fosse quella giusta, ma per capire se ci ho azzeccato qualcosa o se invece non ci ho capito nulla. Per questo mi rimetto a voi e al vostro giudizio su quanto scritto (è il reale e silente scopo di questo lungo commento) e alle vostre opinioni su questa serie che senza alcun dubbio deve essere vista da chiunque si consideri un fan dell'animazione giapponese. 

Se non l'avete ancora visionata dovreste recuperarla e se volete seguire il mio personale approccio potete farlo liberamente. Per il resto, un consiglio spassionato proprio ai possibili neofiti o a chi vide la serie anni fa trovandola ostica o delirante e vorrebbe rivederla con calma e con occhi nuovi: diffidate da chi vorrebbe presentare la propria interpretazione (che poi magari si tratta di una sovrainterpretazione, quindi attenzione) come l'unica vera via per capire Evangelion, ancora meno se costoro utilizzano la religione o la filosofia presentandole arbitrariamente come le uniche chiavi di lettura attraverso le quali rivelare il presunto vero significato dell'opera di Anno - ancor peggio se distolgono l'attenzione dai personaggi e dal messaggio che ben si evince dagli episodi finali, concentrandosi su quegli orpelli come il simbolismo confondendolo con il cuore della serie quando per me non le è affatto. Infine, diffidate anche di coloro che escludono totalmente l'autore dalla loro interpretazione facendo intuire velatamente che essi ne sanno di più o che possono fare a meno di confrontarsi con quest'ultimo ficcandogli idee e concetti occidentali che non ha mai lontanamente pensato o affermato. Non diffidate di voi stessi invece perché Evangelion non ha bisogno di esperti - o presunti tali - di filosofia o cabbalistica per essere compreso, chiunque dotato di un cervello pensante è in grado di comprendere il suo messaggio umano e affatto enigmatico come taluni vogliono presentarlo forse per convenienza personale. 

Quindi, nel caso, buona visione a tutti voi e grazie per avermi letto donandomi parte del vostro prezioso tempo. Quanto a me credo che potrei tornare su Evangelion in futuro... ahivoi. 


P.S. "Però, quanto a te, quanto a quel che non puoi far che tu, per te qualcosa da poter far dovrebbe esserci".

8 gennaio 2020

L'Animazione è ARTE?

E' un vero peccato quando qualcuno si impegna a donare un'opinione o un'analisi su di un'opera animata andando a creare collegamenti interessanti con personaggi appartenenti magari a opere letterarie di grande importanza o a grandi autori della narrativa o filosofi, assistere a dei commenti svilenti del tipo "bella analisi, ma non mi sembra il caso di scomodare xxx per un cartone animato". Personalmente, una simile affermazione la trovo davvero stucchevole. Secondo quale regola non scritta si può o non si può chiamare in causa la Letteratura o la Filosofia ad esempio quando si parla di animazione? 

Questi veri e propri pregiudizi uniti a un modo di fare volto alla svalutazione dei cosiddetti cartoni animati mi lasciano spesso interdetto e perplesso. A quanto pare non si riesce (o non si vuole) comprendere che in verità è più che legittimo scomodare discipline elevate ed autori immortali quando si parla di opere di animazione. E questo per un motivo: l'animazione non è diversa da ogni altro mezzo artistico che conosciamo ed è matura a tal punto (e non meno del Cinema, per rimanere nel campo dell'audiovisivo) da poter permettere a un critico o a un'opinionista di chiamare in causa con cognizione un PlatoneNietzscheDanteJungFreud o Shakespeare senza alcun tipo di soggezione e di "autocensura". Dopotutto, se un'opera possiede richiami profondi e/o collegamenti con menti elevate come per esempio quelle appartenute agli uomini appena citati, perché se notati non dovrebbero essere espressi ed esplicitati? Non capisco. 

Proprio da questi interrogativi prende vita il presente post con il quale vorrei cercare nel mio piccolo di dimostrare per quali motivi secondo me l'animazione è innanzitutto  arte e al contempo perché è un media all'altezza di qualunque altra forma espressiva - letteratura inclusa - dotata di una propria dignità fin troppo calpestata e respinta da persone evidentemente poco informate. E per farlo vorrei partire da una domanda ben precisa, sia per far capire la mia opinione sulla questione (credo sia giusto mettere subito le cose in chiaro) sia per darmi modo di giungere al nocciolo del post che sarà impostato sul confronto tra animazione e cinema. E perché ho scelto il "confronto" tra questi due media? Probabilmente per limiti personali, ma questo è l'unico pretesto che ho trovato per riuscire a far trapelare, attraverso le differenze sostanziali tra i due, le peculiarità e i pregi tipici dell'animazione. Spero di essere all'altezza di questa ambizione seppure non sono un massimo esperto in materia. 

Iniziamo.

L'animazione è (davvero) Arte?

La mia personale risposta, abbastanza ovvia direi, è un bel si. Non solo, sempre a mio parere l’animazione può tranquillamente ascendere a decima arteQuesto naturalmente se prendiamo come modello la lista stilata dall’italiano Ricciotto Canudo (dobbiamo a lui la definizione di “settima arte” per il Cinema n.d.r.) e in seguito estesa dal francese Claude Beylie (ed è grazie a lui che oggi il fumetto viene considerato come la “nona arte” n.d.r.), la quale vanta in totale nove voci. Ecco, dentro di me la decima voce appartiene proprio all’animazione. 

- Antico fascino
 




L‘animazione nasce possibilmente dal tentativo dell’uomo di riprodurre e imitare sia il mondo circostante che se stesso e quindi da una spinta, un desiderio o un istinto innato di riprodurre la realtà a livello micro e a livello macro attraverso delle ancestrali incisioni e disegni sulle pareti rocciose che oggi sono siti di forte interesse, fascino e attrattiva oltre che un patrimonio dell'Umanità. Questa stessa volontà ci ha portati in seguito a sfruttare il fuoco e il tipico tremolio della fiamma per dar vita a questi segni e graffiti (la tremolante luce del fuoco infatti dona alle immagini colpite una parvenza di movimento illusorio, la vedrei come un tentativo di animazione primitiva) fino ad arrivare alle celebri “ombre cinesi” dove le figure prendono letteralmente vita.

In pratica, l’animazione sembra da sempre affascinare l’essere umano stuzzicandone la fantasia e ritagliandosi un posto tutto suo tra le tante forme artistiche partorite dal suo ingegno e dal suo intimo bisogno di capire e rappresentare il mondo anche per via simbolica.
 




- Il Cinema e l'Animazione

Il Cinema come ben sappiamo è riconosciuto universalmente come la “settima arte” e riassume in sé tutte le altre arti estetiche. Possiede un peculiare modo di esprimersi attraverso un linguaggio retto da una grammatica propria il che lo rende effettivamente un mezzo perfetto per esprimere idee (persino di propaganda come ampiamente fatto nel corso della Seconda Guerra Mondiale ad esempio, non diversamente dall'animazione comunque) e narrare storie. Tuttavia, l’animazione non è da meno e non è un genere cinematografico come alcuni pensano: è un universo a sé stante, nata ben prima della stessa fotografia come fatto intuire già nel precedente paragrafo; dotata di una propria estetica, composizione e storia.

L’animazione trae origine dalla creatività dell’artista e, a differenza del cinema dal vero, parte e prende vita praticamente dal nulla. Tutto quello che vediamo sullo schermo (fatta eccezione del “rotoscopio“), dai personaggi e l’ambiente in cui agiranno agli elementi della natura, dai suoni fino ad arrivare allo stesso movimento tutto deve essere creato letteralmente da zero.

L'animazione ingloba in sé la letteratura, il fumetto, il disegno e in pratica tutte le arti figurative - quindi si, anche la pittura, la scultura e la fotografia. Sfrutta la narrativa e i relativi archetipi, spazia in qualsiasi genere senza problemi e sfrutta una composizione musicale originale per accompagnare le immagini su schermo proprio come nei film dal vivo. Oltre a questo, l’animazione può fare a meno dell’assetto e dello scopo narrativo, svestendo gli abiti di puro intrattenimento, per divenire esclusivamente “arte plastica in movimento” e dunque ascendere a pura espressione artistica.

Se ci concentriamo sull'aspetto produttivo noteremo che, alle spalle di un episodio di una serie televisiva o di un lungometraggio animato, vi è una mole di lavoro spaventosa per non dire ciclopica. Basti pensare che nell'animazione tradizionale a disegni animati (soprattutto ai tempi in cui si faceva tutto a mano e nel caso di un’opera in “full animation”, l’animazione “a passo uno” in soldoni) per ogni secondo di video occorrono ben 24 disegni. Tuttavia, anche a passi inferiori (molto più comuni e praticamente quasi la norma nell'animazione giapponese commerciale ad esempio) e anche con il supporto odierno dei computer (i quali semplificano la vita certo, ma non fanno tutto il lavoro sporco e l’abilità umana è ancora essenziale a differenza di quello che pensano alcuni), la mole di lavoro resta comunque gigantesca. Basta dire che sono richiesti circa 2.500/3000 disegni per un singolo episodio di venti minuti di una serie per comprendere la mole di lavoro dietro a un'opera animata. I disegnatori, i quali si dividono in due figure professionali ben precise, sono veri e propri artisti che riversano la loro abilità in ogni singolo fotogramma rendendo l’opera animata una vera e propria opera d’arte in movimento. E se tutto questo non dovesse bastare aggiungiamo che l’animazione veicola messaggi, affronta svariate tematiche (adulte e mature), può lanciare critiche sociali e donare riflessioni, ed è a tutti gli effetti – non meno del cinema e della letteratura – un mezzo di comunicazione e un mezzo espressivo di grande efficacia e potenza che nulla ha da invidiare al cinema dal vero.

Tutto questo per far comprendere quella mia personale risposta alla domanda iniziale ossia che l’animazione è arte, o almeno cosi io la vedo e cosi sempre la vedrò. Per questo non riesco proprio a digerire sia quando alcune persone arrivano a sottostimarla e a vederla come un medium esclusivamente a uso e consumo dei bambini (in realtà, proprio come il cinema dal vero, può anche donare opere rivolte ai bambini in base allo scopo che l’autore e/o l'emittente televisiva e/o lo studio si sono prefissati) sia quando alcuni vanno a scrivere quei commenti di risposta come quello che ho riportato all'inizio e che ha scatenato in me questa reazione portandomi a scrivere tutto questo. 

Spero di aver fatto comprendere le mie motivazioni dietro a tale "allergia" personale per gli atteggiamenti qui descritti e aver fornito magari una visione alternativa o qualche utile input a chi ha una forte curiosità. Dopotutto il mio intento non è quello di dare risposte assolute (non le ho), ma è spingere i lettori ad intraprendere la propria ricerca per comprendere davvero l'arte dell'animazione.
 
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Fonti: Non so se si possa proprio parlare di fonti, ma quanto scritto deriva anche dalla mia scoperta casuale di un bel documento in PDF di Pastore M. Bernadette sul quale mi sono principalmente basato per scrivere questo post. A dire il vero in questi anni ho appreso un po' da tutti per quanto concerne il mondo dell'animazione e alla maturazione della mia visione su quest'ultimo, ma l'unico nome noto che posso menzionare per correttezza (anche perché, come detto, è da lei che ho assorbito maggiormente quanto qui espresso) è quello di cui sopra.

25 dicembre 2019

Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas - COMMENTO


Chi non ha mai sentito parlare del famosissimo "Conte di Montecristo"? Di quel personaggio pittoresco che dedicò la propria vita ad un disegno vendicativo giungendo alle vette più alte della società per battere i suoi nemici sul loro stesso campo? Credo che pochi siano coloro che non conoscono questo nome. Infatti, questo famosissimo romanzo ha saputo impregnarsi nell'immaginario collettivo a tal punto da essere riconosciuto come un vero e proprio capolavoro della letteratura divenendo addirittura un nome familiare. Vari sono stati negli anni gli adattamenti cinematografici e seriali - non solo, vi fu anche una serie a fumetti - giunti nel tempo per cercare di replicare per quanto possibile la bellezza della storia scritta dal grandissimo Alexandre Dumas per donarla ad un pubblico sicuramente più variegato, ma confesso che non ho mai avuto dei forti interessi nei confronti di questi adattamenti. Dunque questa è stata una lettura totalmente inedita per me e, mi pare inutile sottolinearlo, assolutamente importante. Importante per il lettore che è in me ovviamente perché ha saputo avvicinarmi ai "Classici" che, a causa di qualche pregiudizio personale, avevo sempre evitato per paura di restarne annoiato credendo erroneamente che fossero libri troppo complicati, pesanti da digerire e da leggere, vetusti nonché superati (sigh!) ed invece mi sono dovuto ricredere e ne sono felice. Dopotutto, quello che colpisce de "Il Conte di Montecristo", al di là degli anni che si porta dietro (oltre 150!), è la sua attualità: sembra quasi un'opera scritta non troppo tempo fa apparendo quasi immortale e per l'appunto senza tempo quindi altro che "superato" o "vetusto"! Comunque, detto tutto questo, adesso vorrei finalmente entrare nel vivo del mio commento senza ulteriori digressioni. 




Questo romanzo è, a mio modestissimo parere, davvero completo negli argomenti esposti e sviluppati. Qui, difatti, si affronta l'essere umano in ogni suo sentimento ed emozione sviscerando la nostra più profonda natura facendoci passare dalla gelosia all'invidia, dalla perfidia all'odio. Ci viene narrata una storia fatta di grandiosa ascesa, di inaudita caduta e di rinascita donandoci una trama anch'essa completa di tutto ciò che garantisce un'autentica epopea abbellita da emozioni crescenti e da colpi di scena elettrizzanti. Inoltre, nonostante la mole, è dotato di un ritmo abbastanza spedito non risultando mai veramente noioso grazie anche al numero non povero di personaggi che incarnano molto bene in alcuni casi le debolezze e le virtù umane (come dimenticare il saggio Faria?).

La sua natura da "romanzo d'appendice" lo porta ad essere un libro molto gustoso, avvincente ed inevitabilmente entusiasmante seppure potrebbe risultare troppo voluminoso per alcuni palati tanto da scoraggiarne la lettura. Tuttavia consiglio, come molti altri hanno sicuramente fatto prima di me, di non lasciarsi intimorire dalla mole perché la lettura vale assolutamente tutte le mille e passa pagine che lo compongono. 
Lo stile di Alexandre Dumas si mostra poetico ed evocativo e le sue descrizioni fanno comprendere perfettamente, a mio dire almeno, le emozioni interiori e gli stati d'animo dei personaggi. Tra tutti non posso non menzionare l'intero periodo in cui Edmond si ritrova suo malgrado e ingiustamente imprigionato nel claustrofobico Castello d'If, un momento nel quale l'autore secondo me raggiunge vette davvero elevate e dove ci fa ben comprendere il dolore interiore del giovane prigioniero, la solitudine e tutti quegli oscuri e giustificati pensieri che portano la mente a certe tragiche risoluzioni. Ma si tratta anche di un periodo di forte formazione cosa che rende il tutto molto affascinante.

In tutto questo, quello che ho trovato davvero riuscito è il dualismo netto che Alexandre Dumas ha saputo imprimere al suo protagonista - se posso definirlo in tal modo. Se all'inizio della storia ci troviamo davanti ad un Edmond pimpante, gagliardo, ingenuo e fresco della sua giovinezza ecco che poi ne ritroviamo un’altro che pare a tutti gli effetti un'altra persona abbandonando cosi non semplicemente l’identità passata, ma proprio il suo essere e la sua personalità lasciando il posto ad un uomo totalmente nuovo, rinato, plasmato, temprato e forgiato nell'odio per i suoi acerrimi e vili nemici. Trovo questo dualismo davvero ottimo per il semplice fatto che si può ben riconoscere la netta distinzione psicologica e morale di Edmond da “l'Edmond ragazzo” a “l'Edmond uomo”. Questa divisione si tocca letteralmente con la mano, a tal punto che sembra di ritrovarsi dinnanzi a due personaggi completamente diversi e non solo di nome ma anche di fatto. Non credo sia cosa facile da realizzare, per tale motivo ho voluto segnalarla. 
Anche il motivo trainante di tutta la storia, ossia la vendetta viene trattata molto bene dall'autore mostrandoci come possa colpire tremendamente i suoi "destinatari" anche dopo lunghi anni di pianificazione, tanto da far valere il famoso detto rendendolo letteralmente vivo "la vendetta è un piatto che va servito freddo". Ma, a parte questo, ci viene fatto capire come vivere solo in nome della vendetta, credendosi quasi la mano "destra" di Dio e un prolungamento della giustizia divina, possa portare un uomo a dimenticasi della felicità e dell'amore divenendo un'ombra ossessionata solo dal suo sanguinoso (seppure legittimo) desiderio. Questo, a mio parere, viene ben comunicato nell'evocativo finale, malinconico e quasi commovente.


Insomma, non mi sarei mai immaginato di leggere nella mia vita un classico e di rimanerne peraltro cosi colpito da volerne leggere altri ancora. Se cercate un libro epico e che sappia appassionare credo che “Il Conte di Montecristo” faccia proprio al caso vostro, tanto più se amate i classici e i romanzi ottocenteschi appartenenti specialmente alla letteratura francese. Ah, una piccola postilla: dovrete necessariamente ritagliarvi un bel po’ di tempo per la lettura di questo librone perché mille pagine non si leggono in un baleno e non sono uno scherzo. Per questo mi sento di consigliare a tutti voi di trovarvi un periodo sgombro da qualsivoglia impegno e di godervi questo libro pienamente come merita.

Adesso non mi resta che augurarvi buona lettura!