7 gennaio 2018

Omero, Iliade di Alessandro Baricco - COMMENTO

Alessandro Baricco nel 2004 ha concretizzato il suo lodevole sogno: leggere in pubblico, insieme a nomi noti del panorama culturale e dello spettacolo italiano, il Poema Epico per eccellenza, "l'Iliade" di Omero. Ma come riuscire a portate in porto un'impresa del genere senza impiegare giorni e giorni di lettura orale e non impegnare eccessivamente l'uditorio? Riscrivendo, rimontando e reinterpretando un po' l'antico testo per renderlo più leggero, più spedito e adatto al pubblico/lettori di oggi! 



Inutile parlare in questa sede de "l'Iliade" e del suo valore storico e artistico, di quanto contenga in seno tutti quegli elementi che oggi tanto ci emozionano e avviluppano nei film, nelle serie televisive, nei libri e nei fumetti. Parliamo piuttosto dell'operazione di Alessandro Baricco, focalizzandoci sul suo lavoro. 

Questo autore ha realizzato un qualcosa che personalmente trovo tremendamente interessante, suggestivo e quasi geniale, ovvero rendere alla portata di tutti un testo che, nella sua forma originale in versi e con una traduzione troppo arcaica, potrebbe scoraggiare molti. Non tutto comunque è farina del suo sacco e lo stesso Baricco non si fa problemi a sottolinearlo. Difatti, esso si appoggia sulla traduzione in prosa della grande Maria Grazia Ciani e "rimonta" il tutto a suo modo, ma con sensibilità e acume. Tenendo intatta la fabula e integrando la caduta di Ilio al finale, per completezza narrativa (l'Iliade non si conclude, come si potrebbe erroneamente pensare, con la caduta di Troia e il celebre cavallo di legno originato dalla mente astuta di Odisseo), re-intreccia gli eventi facendoli rivivere attraverso i monologhi dei protagonisti che quella decennale guerra l'hanno combattuta e vissuta sulla propria pelle. Oltre a ciò, un po' come lo sceneggiatore David Benioff con il discusso film "Troy" (2004) del regista Wolfgang Petersen, elimina l'elemento divino e trasforma il tutto in un racconto dell'uomo sull'uomo, "laicizzandolo".

Stilisticamente parlando, Baricco adotta un linguaggio moderno e al contempo epico e aulico andando a levigare le varie formule fisse e gli epiteti del poema originale donando una maggiore fluidità e riuscendo in tal modo a rimuovere "tutti gli spigoli arcaici che allontanano dal cuore delle cose". Questo suo lavoro di taglio e cuci lo ha portato a confezionare un libro di circa 163 pagine che possono sembrare fin troppo poche se comparate al materiale di partenza. Eppure, per chi potrebbe riservare dei legittimi dubbi sull'operato di Baricco, nel mio piccolo posso garantire che i temi principali dell'opera (l'Ira, la Morte, la Conciliazione finale) restano intatti e, anzi, forse si palesano agli occhi del lettore con una rinnovata nitidezza e vigore portandolo magari - chissà! - a qualche inedita riflessione. Ad esempio, per portare un aneddoto del tutto personale, ho notato come la Bellezza, per quanto importante nel mondo e nella cultura dei greci, diventi quasi un'impalpabile monito. Basti pensare a Paride, bellissimo d'aspetto ma vile sul campo di battaglia tanto che, ironia della sorte, la sua arma principale è l'arco, ovvero l'arma del pusillanime per antonomasia; oppure pensiamo al maestoso Cavallo di Troia tanto magnifico da far perdere il senno ai troiani, benché oggetto della caduta e della distruzione di Troia. La Bellezza sembra divenire quasi il simbolo della disfatta, un'arma a doppio taglio (Elena è una donna dalla bellezza divina), un tallone d'Achille per chi vi resta abbagliato, una severa condanna.

Quindi questa famosissima tragedia umana rivive con nuova forma e nuova vibrante potenza. Baricco dona vitalità, poesia e modernità incredibile a un poema antichissimo emozionando e commuovendo (bellissimo, a tal proposito, il finale con Odisseo) usufruendo della narrazione in prosa. Mi complimento con lui e la sua intelligente operazione che può far riconciliare molti lettori con questo mitico e straordinario poema che la scuola, purtroppo, ha imparato indirettamente a farci odiare oltre che a farcelo riscoprire sotto una nuova luce con questo suo “Omero, Iliade”.

A quando "l'Odissea"?

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